Se è difficile definire una storia unitaria delle Marche a causa dell’evidente frammentazione territoriale della regione nei lunghi secoli che precedono l’Unità d’Italia, più agevole è narrare la storia delle non poche città che per periodi significativi hanno svolto il ruolo di centri amministrativi, politici, culturali o religiosi di un certo territorio.

Camerino è una delle città marchigiane che storicamente hanno assommato in sé tutte queste funzioni. La cittadina, posta su un contrafforte degli Appennini a 670 metri di altezza, con una popolazione di poco più di 7000 abitanti, è ancor oggi sede universitaria e sede arcivescovile.

Diverse testimonianze di epoca paleolitica e neolitica rinvenute nel territorio di Camerino fanno supporre un antichissimo popolamento, ma è Tito Livio a darci la prima notizia della popolazione di Camerino, quei Camerti Umbri che, durante la seconda guerra sannitica, nel 309 a.C., strinsero con i Romani un aequum foedus (alleanza tra eguali). Tale privilegio venne concesso a pochissime città italiche, il che sta a testimoniare l’importanza dei Camerti agli occhi dei Romani. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo Camerinum prese le parti di quest’ultimo, subendo poi la conquista da parte di Giulio Cesare. Augusto comprese il territorio camerte in Umbria, regione in cui si trova sempre collocata anche dai geografi antichi Strabone e Tolomeo.

Pavimenti a mosaico di epoca imperiale scoperti nel centro storico mostrano una certa agiatezza della cittadina che, almeno dall’epoca degli Antonini, era municipium. I camerti godevano della cittadinanza romana, concessa dall’imperatore Adriano e più volte confermata dai suoi successori. In epoca tardo-imperiale il Cristianesimo dovette diffondersi rapidamente a Camerino se nel 465 un documento attesta che la città era già sede vescovile. Uno dei patroni della città, S. Venanzio, aveva subito il martirio nel 251 e a lui è intitolata la basilica che tuttora ne conserva le reliquie.

Sopravvissuta alle invasioni barbariche e rimasta estranea alla devastante guerra greco-gotica, Camerino acquistò notevole importanza sotto il dominio dei Longobardi, che intorno al 570 d.C. costituirono nell’Italia centrale il ducato di Spoleto. La sua posizione geografica, prossima ai valichi appenninici e aperta verso il fertile Piceno, ne faceva un centro di forte interesse strategico. Secondo quanto riferisce Paolo Diacono, fu proprio nel territorio di Camerino che i Longobardi del duca Ariulfo sconfissero i Bizantini – che avevano le loro roccaforti lungo la costa adriatica, da Ancona a Ravenna – intorno al 591. Per un periodo non ben definito i duchi di Spoleto aggiunsero al loro titolo anche quello di duchi di Camerino, mentre da alcuni documenti della prima metà del IX secolo risulta che la città avesse un proprio duca distinto da quello di Spoleto.

Con l’avvento dei Carolingi Camerino vide confermata la sua importanza, anche se dall’anno 773 il duca di Spoleto si era assoggettato al papa, dando inizio al millenario dominio pontificio, formale o sostanziale che fosse a seconda dei luoghi e delle epoche, nell’Italia centrale.

Fu in questi secoli che sorsero nel vasto territorio dell’episcopato di Camerino numerose abbazie, tra cui S. Maria di Rambona presso Pollenza e S. Lorenzo in Doliolo a S. Severino. L’età carolingia fu caratterizzata dal grande vescovo S. Ansovino, secondo una biografia “caro all’imperatore Ludovico II” che sarebbe diventato il patrono della città. Anche nelle intricate contese del X secolo per la corona d’Italia la fortificata città di Camerino svolse un ruolo non secondario.

Con la costituzione del Sacro Romano Impero Germanico incomincia a definirsi la realtà territoriale della Marca di Camerino, retta da un marchese e ormai del tutto distinta dal ducato di Spoleto. I documenti che ne attestano l’esistenza datano dal 969. Nei due secoli successivi al Mille continua la fondazione di abbazie in tutto il territorio ecclesiastico camerte. Tra esse si segnalano l’importante abbazia cistercense di Chiaravalle di Fiastra (1146) e S. Maria delle Macchie, entrambe prossime alle rovine della romana Urbs Salvia. La fondazione dell’abbazia di Fiastra sembra l’ultimo atto compiuto da un marchese di Camerino (di nome Guarnieri), poiché con il secolo XII inizia anche per la città di S. Ansovino l’età comunale.

Proprio negli ultimi anni del secolo compaiono monete camerti con l’immagine di S. Ansovino, il che fa supporre l’esistenza di una zecca e di magistrature comunali. Nel 1207 è attestata la presenza di un podestà. Il Comune riconobbe ben presto l’autorità pontificia schierandosi poi, durante le lotte tra guelfi e ghibellini, dalla parte dei primi. La fedeltà alla Sede apostolica fece sì che il cardinale Sinibaldo Fieschi, legato della Marca che aveva eletto proprio Camerino come sua sede, garantisse alla città nel 1240 una quasi completa autonomia amministrativa e un ampio territorio che si estendeva da Serravalle a Caldarola, e verso nord fino a Esanatoglia e Gagliole.

Nel XIII secolo Camerino e la sua diocesi ebbero una parte notevole nell’espansione del movimento francescano. Lo stesso S. Francesco ne percorse più volte il territorio passando dall’Umbria alle Marche attraverso la valle del Chienti. A S. Severino, compresa allora nell’area camerte, il santo di Assisi accolse tra i suoi discepoli il beato Pacifico, mentre nativo di Muccia era il beato Rizzerio, che era stato uno dei suoi primi compagni. Nella stessa Camerino è attestata la presenza di un convento francescano nel 1254 e anche a Sarnano la presenza dei seguaci di S. Francesco si fece sentire assai presto.

Con l’inasprimento delle lotte tra guelfi e ghibellini, nel 1259 Camerino fu occupata e devastata dalle truppe di Percivalle Doria, luogotenente di Manfredi, figlio di Federico II. I cittadini sopravvissuti al massacro si rifugiarono nei castelli vicini, soprattutto a Sefro, ritornando tuttavia ben presto a ricostruire la città distrutta. Furono alcuni signori del contado a reggere le sorti del Comune in questo difficile periodo.

Tra essi si distinse Gentile Da Varano, la cui famiglia proveniva dall’omonima rocca posta sulla valle del Chienti, dove aveva acquistato potere e denaro con le gabelle imposte ai viaggiatori provenienti dall’Umbria o dal Piceno. Gentile, assunta la carica di capitano di guerra, riconquistò diversi castelli persi dalla città negli anni seguiti alla distruzione, ma non costituì una signoria vera e propria.

La signoria dei Da Varano, che avrebbe retto la città e un vasto territorio intorno ad essa, si formò gradualmente nel XIV secolo, soprattutto nel periodo di Rodolfo II, che mostrò notevoli doti di condottiero. Rodolfo combatté a Smirne (Asia Minore) e fu capitano generale dei fiorentini. Allargò notevolmente i confini della sua signoria, che giunse fino al mare, attraverso il controllo di Civitanova e Montesanto (Potenza Picena). Un successore di Rodolfo, Giovanni Da Varano, costruì nel 1382, a difesa della città, una barriera lunga dodici chilometri di torri, fossi e sbarramenti con grossi tronchi tagliati, che prese il nome di Intagliata.

Tuttavia i confini dello stato camerte furono sempre assai mobili a causa delle continue lotte con altre importanti città come Fermo o con potenti signorie come i Malatesta di Rimini, nelle quali fu specialmente impegnato Rodolfo III nel primi decenni del Quattrocento. Rodolfo (arguto protagonista di storie e aneddoti del novellista fiorentino Franco Sacchetti) divise lo stato tra i quattro figli provocando, dopo la sua morte, lotte fratricide, nelle quali si inserirono il legato pontificio e alcune famiglie nobili locali interessate al crollo della signoria. Fu l’intervento del condottiero Francesco Sforza, che tentò di costituire un suo stato nelle Marche, a far precipitare la situazione. I quattro figli di Rodolfo furono uccisi in varie circostanze e furono anche trucidati i tre figli di uno di loro, Berardo.

Nel 1434 venne ripristinato il governo comunale con il nome di repubblica, che però ebbe vita breve, terminando con il ritiro di Francesco Sforza nel 1443. Fu così restaurata la signoria dei Da Varano nelle persone dei due cugini Rodolfo IV e Giulio Cesare, nipoti di Rodolfo III sfuggiti all’eccidio di dieci anni prima.

Giulio Cesare Da Varano (1464-1502), rimasto unico signore dopo la morte del cugino Rodolfo (1464), governò Camerino nel periodo più splendido della sua storia. Giulio Cesare fece riedificare il Palazzo Ducale (oggi sede dell’Università, con il bellissimo cortile) e il castello di Beldiletto in forme rinascimentali, fondò un nuovo ospedale dotandolo delle rendite della ricca abbazia di S. Maria a Piè di Chienti (nel territorio di Montecosaro, allora soggetto a Camerino) e di altri benefici, fondò il monastero di S. Chiara, acquisì e ricostruì diversi castelli, come Lanciano, Rocca d’Aiello, Esanatoglia. Promosse imponenti opere di bonifica a Colfiorito, Montelago e ai piani della Rancia presso Tolentino e favorì i commerci. Camerino doveva la sua ricchezza alla produzione e al commercio della lana che veniva venduta soprattutto ai mercanti fiorentini. Nel ’400 la città fungeva da snodo dei traffici lungo il complesso itinerario marittimo e terrestre, che da Venezia e dal medio Adriatico, giungeva a toccare Roma e il Sud.

Luogo di scambi economici, Camerino diventa anche luogo di cultura artistica e letteraria. Fiorisce proprio nel ‘400 la scuola pittorica camerinese che annovera tra i nomi di rilievo Cola di Pietro da Camerino, Arcangelo di Cola, Giovanni di Piermatteo Boccati, e Girolamo di Giovanni.

Giulio Cesare attrasse alla sua corte letterati e umanisti insigni da tutta Italia, mentre in città ebbero i natali scrittori rinomati. La stessa figlia di Giulio Cesare, Camilla, più nota come la beata Battista, fu autrice di prose autobiografiche e di versi ascetici e morali. Altri umanisti nati a Camerino furono Tommaso Seneca, Macario Muzio e Varino Favorino, oltre al vescovo Fabrizio Da Varano, figlio di Rodolfo, e a parecchi altri.

L’esistenza, per circa due secoli e mezzo, di una signoria a Camerino rendeva necessaria la formazione di giuristi e funzionari ed è per questo che si forma, già a partire dalla metà del Trecento, una scuola di studi giuridici, benché non sia ancora provata l’esistenza di una vera e propria Università. Solo nel 1727 papa Benedetto XIII riconosceva come Università la scuola da lungo tempo operante in città, concedendole il privilegio di rilasciare lauree in teologia, giurisprudenza, medicina e matematica.

Il pontificato di Alessandro VI Borgia costituì una vera catastrofe per Camerino poiché lo stesso papa intendeva costituire per il pronipote Giovanni un ducato nell’Italia Centrale. Dopo aver rivolto contro Giulio Cesare Da Varano l’accusa, infondata, di aver ucciso il cugino Rodolfo, gli scagliò contro il figlio Cesare Borgia, detto il Valentino, con un’armata, che il 21 luglio occupò di sorpresa la città facendo prigioniero il Da Varano e i suoi tre figli. Il 9 ottobre dello stesso anno Giulio Cesare Da Varano fu strangolato nella fortezza di Pergola da un sicario di Cesare Borgia mentre i tre figli subirono la stessa sorte a Cattolica il giorno seguente.

Un altro figlio, scampato all’eccidio, Giovanni Maria, riuscì a impadronirsi nuovamente di Camerino nel mese di dicembre e a sostenersi alcuni mesi prima che i soldati del Borgia ne restaurassero il dominio. Il nuovo esilio di Giovanni Maria tuttavia durò poco tempo perché la morte di Alessandro VI indusse i nuovi governanti spagnoli e i trecento soldati di guarnigione a lasciare la città il 19 agosto 1503. Giovanni Maria fece ritorno a Camerino acclamato dai vecchi sudditi. Nel 1515 otterrà da papa Leone X il titolo di duca.

Il nuovo ducato di Camerino avrebbe avuto vita breve: dopo la reggenza di Caterina Cybo (moglie di Giovanni Maria, 1527-35), un effimero dominio dei Della Rovere di Urbino (1534-39) e di Ottavio Farnese (1540-45) il ducato fu ceduto per sempre da quest’ultimo alla Santa Sede, diventando una provincia dello Stato pontificio.

A cura di Pier Luigi Cavalieri

Dai Da Varano al Novecento

Il 21 luglio 1502 le armate di Cesare Borgia, detto il Valentino, occuparono di sorpresa Camerino facendo prigioniero Giulio Cesare da Varano, signore della città, e tre dei suoi figli. Detenuto nella fortezza di Pergola, il 9 ottobre il Da Varano fu strangolato da un sicario del Valentino, mentre i tre figli subirono la stessa sorte a Cattolica il giorno seguente.

L’attacco alla città di Camerino era stato giustificato da papa Alessandro VI con l’accusa, infondata, rivolta a Giulio Cesare, di aver ucciso suo cugino Rodolfo; in realtà i Borgia intendevano costituire un loro stato nell’Italia centrale a spese delle signorie esistenti, tra cui quella camerte.

Un altro figlio di Giulio Cesare, Giovanni Maria, scampato all’eccidio, riuscì a impadronirsi nuovamente della città nel mese di dicembre e a sostenersi alcuni mesi prima che i soldati del Valentino ne restaurassero il dominio. L’esilio di Giovanni Maria tuttavia durò poco tempo perché la morte di Alessandro VI indusse i nuovi governanti spagnoli e i 300 soldati di guarnigione a lasciare la città il 19 agosto 1503. Giovanni Maria fece ritorno a Camerino acclamato dai vecchi sudditi. Nel 1515 otterrà da papa Leone X il titolo di duca. In questo periodo svolse la funzione di ambasciatore di Giovanni Maria a Roma il grande umanista camerte Varino Favorino (1445-1537 ca.).

Il breve dominio degli spagnoli lasciò a Camerino la Rocca Borgesca, provvista di torrioni cilindrici e di un imponente mastio, avente la funzione di controllare la città sul versante sud-ovest. Successivamente i Da Varano la completarono, la misero in comunicazione con il Palazzo Ducale e la armarono con 42 bocche da fuoco.

Il duca Giovanni Maria morì nel 1527 lasciando una figlia tredicenne, per la quale assunse la reggenza la madre Caterina Cybo (1501-57) donna di vasta cultura appartenente a una potente famiglia romana. Ben presto tuttavia un figlio naturale del duca, di nome Rodolfo, si impadronì della città e fece prigioniera Caterina appoggiandosi su soldati imperiali di stanza in Umbria che saccheggiarono la città e le campagne. L’intervento congiunto di truppe del legato della Marca, dei Da Varano di Ferrara e del duca di Urbino riportò l’ordine a Camerino e la duchessa alla reggenza del piccolo stato. Ma Caterina dovette impegnarsi a dare in sposa la figlia Giulia, al compimento dei 14 anni, all’erede del duca di Urbino, Guidobaldo Della Rovere. Con tale matrimonio si sarebbero unificati i due ducati, il che avvenne realmente nel 1534 dopo un tentativo fallito dei Da Varano di Ferrara – che miravano anch’essi a impadronirsi di Camerino – di rapire Giulia e di uccidere Caterina. Le nozze di Guidobaldo e Giulia, celebrate in un momento di sede pontificia vacante, non furono gradite al nuovo papa Paolo III Farnese, che scomunicò Caterina, la figlia e i duchi di Urbino, e lanciò l’interdetto sul ducato di Camerino. Tanto rigore era causato dalla paura che l’unificazione dei due ducati spezzasse di fatto l’unità del già assai frammentato Stato Pontificio. Caterina, che vedeva fallire il suo disegno di passare alla figlia il trono del piccolo ducato, si ritirò presso il fratello a Firenze, mentre nel 1539, alla fine di estenuanti trattative diplomatiche, Guidobaldo II rinunciò al ducato di Camerino in favore della S. Sede. Papa Paolo III lo diede al nipote diciannovenne Ottavio Farnese, che ne prese possesso ufficialmente nel 1541. Appena quattro anni più tardi però a Ottavio si presentò l’occasione di ereditare dal padre un ducato ben più vasto e appetibile, quello di Parma e Piacenza, occasione che non si lasciò sfuggire, cedendo al contempo Camerino alla S. Sede. Finiva così, nel 1545, il glorioso stato di Camerino e iniziava per la cittadina appenninica un periodo di lenta decadenza.

Fu durante la tormentata reggenza di Caterina Cybo, sensibile alle idee di rinnovamento religioso, che venne fondato proprio a Camerino un ordine francescano riformato, quello dei Cappuccini, riconosciuto da papa Leone X nel 1528. I frati, guidati da Matteo da Bascio, che si erano distinti duranti la peste del 1527 assistendo la popolazione, avevano trovato la loro prima sede nel Palazzo Ducale protetti da Caterina, mentre dal 1533 si ritirarono a vivere nel convento di Renacavata, che oggi ospita un Museo Storico Cappuccino.

Dopo la fine del ducato, Camerino fu dichiarata sede di legazione continuando a esercitare un ruolo di capoluogo per un piccolo territorio montano.

Nei secoli seguenti l’economia perse vitalità; commerci e allevamento di bestiame si sostennero soprattutto grazie alle fiere. La cultura continuava come erudizione storica, nella quale si segnala Camillo Lili, cui se deve l’importante opera Dell’Historia di Camerino (1649-52). La musica ha un nome illustre in questo secolo nel compositore e cantante Venanzio Leopardi.

Già decaduto negli ultimi anni del ducato, lo Studio nel XVII secolo era di fatto scomparso: sopravviveva solo un collegio dei dottori che accoglieva studenti laureatisi altrove. Ma la tenace volontà del Comune fece rinascere l’antica istituzione, questa volta come vera e propria Università, che nel 1727 papa Benedetto XIII riconobbe ufficialmente, concedendole il privilegio di rilasciare lauree in teologia, giurisprudenza, medicina e matematica. Anche l’imperatore Francesco I riconobbe, nel 1753, il valore delle lauree concesse a Camerino per tutto il territorio del Sacro Romano Impero.

Il 28 luglio 1799 Camerino fu sconvolta da un grave terremoto che distrusse il Duomo, la chiesa di San Venanzio, parte del Palazzo Ducale e vari edifici. Il Duomo fu così ricostruito nel primo Ottocento nelle attuali forme neoclassiche ad opera di Andrea Vici e Clemente Folchi.

L’occupazione napoleonica fu contrastata dal fenomeno dell’insorgenza; sotto il napoleonico Regno d’Italia Camerino fu assegnata al Dipartimento del Tronto e nel 1808 fu privata dell’Università, istituzione che poté rinascere solo nel 1824. Con l’Unità d’Italia, l’Università fu riconosciuta come “libera”, cioè autofinanziata, mantenendo tale status fino al 1958, quando diventò statale.

Dopo il 1860 Camerino, che aveva circa 12.000 abitanti, perse la sua piccola provincia. Durante la Seconda guerra mondiale essa diede un forte contributo alla lotta di liberazione pagando il prezzo di 84 vittime. Nel settembre 1997 alcune violente scosse sismiche provocarono numerosi danni ad abitazioni e chiese, tuttavia la città è oggi tornata alla normalità.

Negli anni del secondo Novecento Camerino è riuscita a mantenere e a sviluppare il suo ateneo, che conta oggi diverse migliaia di studenti, e a tenere alte le sue tradizioni di cultura. Glorie di Camerino sono: Serafino Macchiati (1861- 1916), illustratore di gusto Liberty, Bernardino Feliciangeli (1862-1921), storico della città, Ugo Betti (1892-1953), poeta, scrittore e drammaturgo e il fratello Emilio Betti (1890-1968), insigne giurista.

Informazioni aggiuntive

  • citta: CAMERINO
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