Cagli è un vasto comune appenninico di circa 9000 abitanti della provincia di Pesaro e Urbino. Sorge su un altopiano tra i torrenti Bosso e Burano, affluenti del Metauro. A sud del centro abitato si eleva la mole del Catria, mentre a nord sorgono il monte Paganuccio e il Pietralata a ridosso del Passo del Furlo.

Da Cale al Trecento

La storia di Cagli è strettamente connessa alla sua posizione lungo la consolare Via Flaminia, di cui era una stazione di sosta. In epoca romana il suo nome era Cale, ma il popolamento del territorio deve essere stato antecedente poiché sono stati ritrovati nei pressi della città bronzetti etruschi ed italici del IV sec. a.C. E’ stato ipotizzato che il toponimo, di cui esistono anche le tarde varianti Callis e Calles, significasse “tratturi”, con chiaro riferimento alle transumanze appenniniche.

Una notevole testimonianza di età repubblicana è il Ponte Manlio, sul torrente Bosso. Menzionata in vari itinerari di età imperiale, la città sembra essere sopravvissuta alle invasioni barbariche, restando compresa nel cosiddetto “corridoio bizantino” che univa Ravenna a Roma attraverso la gola del Furlo. Dalla fine della guerra greco-gotica (570) essa fece parte della Pentapoli montana, compresa nell’esarcato di Ravenna, anche se nell’VIII secolo sarebbe caduta in mano ai Longobardi, cui subentrarono i Franchi. Fu sede episcopale almeno dal 502, anno in cui la presenza del suo vescovo Viticano è attestata in un sinodo romano. A quella stessa assemblea partecipò Geronzio, vescovo di Cervia, che nel far ritorno nella sua città fu assalito e ucciso da briganti proprio nei pressi di Cagli. Sul monte Calleo fu eretta allora una chiesa in sua memoria e poi un’abbazia benedettina. S. Geronzio, vescovo e martire, divenne il patrono della città.

Nel XII secolo Cagli si costituì in libero comune, riuscendo ad assoggettare gradualmente ben cinquantadue castelli e diverse abbazie. Nella prima metà del Duecento fu costruita al di fuori delle mura la chiesa di S. Francesco ( è considerata dagli storici un emblema del gotico medioappenninico, costituita da un vasto interno ad aula unica e tetto a doppia falda, una soluzione che precorre le statuizioni francescane approvate a Narbonne nel 1260). A questo secolo risale anche l’edificazione del Palazzo del podestà, oggi inglobato nell’imponente e severo Palazzo Pubblico.

Nel secolo successivo Cagli sorgeva ancora sul promontorio della Banderuola, una propaggine del monte Petrano, ma nel 1287 la città fu distrutta da un incendio appiccato dai ghibellini in aspra contesa con i guelfi locali. Due anni più tardi il centro abitato venne ricostruito con pianta ortogonale sulla piana sottostante per volontà del pontefice Niccolò IV e con il contributo finanziario di ben cinquantasette comuni, i cui stemmi sono oggi effigiati in un salone del Palazzo Pubblico.

Nel XIV secolo Cagli disponeva di un’economia assai florida, legata ai prodotti della montagna, ad attività manifatturiere (lana in particolare) e ai commerci lungo la Flaminia. Testimonianza della sua prosperità è l’elevato (per l’epoca) numero di abitanti, che all’inizio del Trecento si avvicinava alle 7000 unità. Quando il cardinale Albornoz classificò i comuni della Marca nel 1357, annoverò Cagli tra le nove città magnae (cioè i centri più grandi) della regione.

Sotto i Montefeltro

Alla fine del Trecento Cagli cadde sotto il dominio dei Montefeltro di Urbino, che ne fecero il loro caposaldo per attaccare il confinante comune di Gubbio. Negli ultimi anni del Quattrocento il duca Federico fece costruire da Francesco di Giorgio Martini una possente Rocca, di cui restano solo il Torrione ellissoidale (uno dei simboli della cittadina, oggi sede del Centro di Scultura Contemporanea) e un lungo camminamento sotterraneo chiamato all’epoca “soccorso coverto”. Anche il Palazzo Pubblico, donato nel 1476 dal comune di Cagli al duca Federico da Montefeltro, subì notevoli interventi da parte di Francesco di Giorgio che gli diedero l’aspetto attuale.

Sotto i Montefeltro e, più tardi, i Della Rovere Cagli si arricchì di molte opere di artisti urbinati. Giovanni Santi, padre di Raffaello, lasciò pregevoli dipinti nelle chiese di S. Domenico (gli affreschi della cappella Tiranni sono ritenuti il suo capolavoro) e Santa Maria della Misericordia, Federico Brandani ornò di stucchi il palazzo Tiranni-Castracane, mentre intorno al 1629 Benedetto Ginestra realizzò l’elaborato soffitto a cassettoni, ricco di dorature, della chiesa di S. Bartolomeo.

Dal 1631 a oggi

Dopo la devoluzione del ducato di Urbino alla Chiesa Cagli conobbe un relativo declino sul piano economico, ma mantenne vive le sue tradizioni campo artistico. A partire dal 1646 fu completamente rifatta la Basilica Cattedrale, che nel secolo successivo verrà ornata dei notevoli dipinti, caratterizzati da una splendente cromia, del più noto pittore cagliese, Gaetano Lapis (1706-1773). Le opere di Lapis – più di trenta – sono presenti anche nelle chiese di S. Domenico, S. Filippo e S. Chiara. Nel 1781 un rovinoso terremoto fece crollare l’alta cupola della Cattedrale. Nel 1819 la diocesi di Cagli, che dal 1563 era suffraganea di Urbino, fu unita a quella di Pergola. Oggi è associata a quella di Fano.

Al momento dell’Unità d’Italia Cagli contava 9.500 abitanti, che salirono a 12.500 nel 1900. La demografia del piccolo centro appenninico restò più o meno stabile fino agli anni Cinquanta del Novecento, quando incominciarono a farsi sentire gli effetti dello spopolamento delle aree montane: dai 13.000 abitanti del 1951 si passò ai 9000 attuali.

Tra il 1871 e il 1876 fu edificato il bel Teatro Comunale in stile eclettico. Negli ultimi anni dell’Ottocento si costruì la ferrovia Fano-Fabriano nel cui tratto Acqualagna-Pergola era compresa la stazione di Cagli. Quel tratto fu però distrutto durante la Seconda guerra mondiale e mai più ripristinato.

Nel 1857 vi nacque Angelo Celli, illustre clinico che ricoprì a lungo la cattedra di Igiene all’Università di Roma. Celli fu a lungo deputato del collegio di Cagli e in tale veste promosse il vasto corpo legislativo contro la malaria, battendosi strenuamente per la somministrazione gratuita del chinino nelle aree malariche.

Oggi questa bella cittadina appenninica, sede della Comunità Montana del Catria e Nerone, punta sul turismo con le sue attrattive paesistiche e storico-artistiche, le sue rievocazioni (il Palio dell’Oca che si tiene in agosto) e i suoi musei, tra cui si segnala il Museo Archeologico e della Flaminia. Nel più vasto progetto del polo culturale d’eccellenza è stato istituito nel 2009 nel restaurato Palazzo Berardi Mochi-Zamperoli, il Cesco (Centro di Documentazione del Disegno e Maquette della Scultura Contemporanea), dedicato alla scultura contemporanea ideata per lo spazio urbano pubblico.

Infine ogni anno in aprile Cagli ospita la popolare Rassegna Nazionale del Salume denominata “Distinti salumi”.

a cura di Pier Luigi Cavalieri

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