Matelica è una cittadina di oltre 10.000 abitanti posta a 354 s.l.m. nell’alta valle dell’Esino, in provincia di Macerata. Questo fondovalle, fiancheggiato a ovest dai monti Castel S. Maria e Tre Pizzi e a nord-est dal San Vicino, è stato lo spazio storico di Matelica, che nonostante ripetute distruzioni ha saputo mantenere per molti secoli un’ampia autonomia rispetto a centri più importanti come Camerino e Macerata.

Dalle origini al 1150

Sono state rinvenute tracce di popolamento di questo territorio sin dall’età del Ferro. Tra le testimonianze pervenuteci vi sono ricchi corredi funerari comprendenti vasellame, carri, armi, oggetti ornamentali prodotti con materiali pregiati e di lontana provenienza come l’avorio e l’ambra. Questi reperti sono oggi conservati nell’interessante Museo Archeologico che raccoglie anche molti oggetti delle civiltà picena e romana. La città di Matilica fu dal I secolo a.C. un municipium romano, compreso nella regio Umbria. Retta da un duumvirato, la città romana, grande come l’attuale centro storico, si sviluppò in età imperiale, tra il 98 e il 138 d.C. È stato riferito al periodo romano il misterioso “globo di Matelica”, una sfera di marmo bianco cristallino scoperto nel 1985, singolare modello di orologio solare antico. Matilica mantenne la sua importanza fino agli ultimi secoli dell’impero, quando (presumibilmente dopo il 325) vi fece la sua comparsa il cristianesimo. Già nel V-VI secolo è attestata la presenza di vescovi matelicesi, di nome Equizio e Florenzio.

Benché esistano poche testimonianze sulla storia altomedievale di Matelica, è noto che la città subì una completa distruzione nel corso della guerra greco-gotica, con cui Bisanzio tentò di riconquistare l’Italia. Sembra che essa sia avvenuta anche per la prossimità al luogo in cui si combatté una grande battaglia tra i bizantini di Narsete e i Goti di Totila. Faticosamente rinata dalle sue rovine, Matelica fu di nuovo distrutta dai Longobardi nel 578. Perse allora la sede vescovile, aggregata a quella di Camerino.

Ricostruita ancora una volta la città, o quel che ne restava, sotto i Franchi, il territorio matelicese fu soggetto al governo di conti, che rappresentavano l’imperatore del Sacro Romano Impero.

Il Comune

Questa situazione si protrasse fino all’istituzione del Comune (retto inizialmente da due consoli, poi da un podestà), che si fa risalire al 1150 circa, nelle forme tipiche del periodo: i conti (o nobili in genere) sceglievano allora di stabilirsi nelle città rinunciando ai propri privilegi feudali, ma al contempo assumevano ruoli di primo piano nel loro governo. A Matelica furono gli Ottoni a seguire questo tipico “percorso”, che li avrebbe portati, dopo vicende assai complesse, all’instaurazione di una temuta signoria. Ma assai prima vi fu una nuova distruzione, attuata tra il 1174 e il ‘76 dal cancelliere imperiale e arcivescovo (scismatico) Cristiano di Magonza in tempi di conflitti tra guelfi e ghibellini. Venticinque anni dopo, nel quadro delle lotte tra città della Marca e tra fazioni rivali, Matelica subì la sua quarta distruzione nel 1199 da parte di una lega composta da Camerino, Fabriano, San Severino e altre città, lega costituita da un conte Attone (forse Ottone) cui i matelicesi si erano ribellati.

Seguì una nuova ricostruzione, ma non vennero meno le fazioni in lotta. Il Comune si barcamenò nel corso del XIII secolo schierandosi con guelfi e ghibellini a seconda delle circostanze. Nel 1259 parteggiò per Manfredi, figlio di Federico II, mentre nel 1305 si unì a una lega guelfa. Anche a Matelica il podestà fu affiancato dalle tipiche magistrature comunali: consiglio degli Anziani e capitano del popolo. Dal 1281 vi fu anche un consiglio delle Arti, che rappresentava nove corporazioni: Notai, Mercanti, Calzolai, Fabbri, Tornitori, Lanaioli, Falegnami, Sarti e Muratori. Nel secolo successivo l’economia matelicese conobbe notevoli progressi soprattutto grazie alla manifattura dei tessuti di lana, che sarebbe stata a lungo una delle voci principali dell’economia cittadina.

La signoria degli Ottoni (1394-1576)

Alla fine del Trecento gli Ottoni, influenti già dal XII secolo negli affari del Comune sempre lacerato dalle lotte tra fazioni, ottennero da papa Bonifacio IX il titolo di vicari della città, equivalente al riconoscimento della loro signoria su Matelica. All’inizio i membri di questa famiglia rispettarono le istituzioni comunali ma in seguito accentrarono tutti i poteri instaurando una vera e propria tirannia. Tuttavia le condizioni di pace interna che si erano venute a creare favorirono lo sviluppo della manifattura e del commercio dei panni di lana nonché la realizzazione di conce, gualchiere e tintorie. All’inizio del Cinquecento Matelica era una città prospera, con ben 110 manifatture, quasi la metà delle quali apparteneva agli Ottoni. Con l’edificazione della cinta muraria nel Quattrocento (precedentemente ne erano state edificate altre due, nel XII e nel XIV secolo), del campanile della cattedrale, del palazzo Ottoni, del Loggiato (destinato alla tratta della lana), della fontana di piazza e di diverse chiese, la città prese la forma che conserva ancor oggi. Essa era divisa nei quartieri di Civita, Santa Maria, Civitella e Campanante.

Nel 1545 fu ordita una congiura contro la signoria di Anton Maria Ottoni, che però fu sventata. Tuttavia il malcontento della popolazione nei confronti degli Ottoni portò nel 1576 alla fine del vicariato, voluta da papa Gregorio XIII.

Dalla fine del Cinquecento a oggi

Il commissariato e il governatorato (1578-1798)

Dal 1578 Matelica fu governata da un commissario apostolico inviato dal pontefice. Nel 1618 papa Paolo V affidò la città a un governatore indipendente da quello della Marca (che risiedeva a Macerata), riconoscendo così l’autonomia dell’antico municipium romano. Benché non mancassero i sostenitori della vecchia signoria, alla fine Matelica accettò la soggezione diretta alla S. Sede e beneficiò di un paio di secoli di pace continuando la sua produzione “protoindustriale” di panni di lana, che conobbe però un rallentamento già nel secondo Cinquecento. Un fattore che favorì la ripresa dell’attività legata ai panni lana fu il divieto imposto da Alessandro VII nel 1667 di importare tale merce da stati esteri. Dall’altra parte tuttavia questo provvedimento favorì, in assenza di vera concorrenza, una scarsa propensione a migliorare la qualità del prodotto e a innovare le tecniche di produzione che alla lunga avrebbero danneggiato l’economia matelicese.

Nel 1785 alla città fu restituita la sede vescovile, separata da quella di Camerino.

Nel XVIII secolo il matelicese mons. Venanzio Filippo Piersanti (1688-1761) ricoprì l’incarico di maestro delle cerimonie presso la corte pontificia per oltre quaranta anni. Tale funzione gli consentì di mettere insieme una preziosa collezione di quadri, oggetti d’arte, suppellettili sacre e cimeli di pontefici, raccolta che sarebbe stata arricchita da altri membri della sua famiglia e infine donata alla cattedrale di Matelica insieme al palazzo Piersanti nel 1901. Nacque così il primo museo cittadino di Matelica – noto come Museo Piersanti – uno dei più ricchi e interessanti delle Marche.

Fu l’invasione napoleonica a porre termine al governatorato; sotto il Regno d’Italia Matelica fu inclusa nel Dipartimento del Musone.

Dall’Ottocento a oggi

A metà Ottocento fu costruito il nuovo Municipio e più tardi il Teatro condominiale, su disegno di Giuseppe Piermarini. Con l’Unità d’Italia la manifattura dei panni di lana, già logorata da un lungo periodo di crisi, non godette più di protezioni statali e finì per decadere. La costruzione della ferrovia Macerata-Albacina, avvenuta nel 1886, se limitò l’isolamento di Matelica, non migliorò di molto la sua economia, ormai legata quasi esclusivamente all’agricoltura.

All’inizio del XX secolo vi nacque il noto scrittore e giornalista Libero Bigiaretti (1905-1993), autore di numerosi romanzi, tra i quali Carlone (1950), parzialmente ambientato, insieme a diversi racconti, nella sua città natale. Bigiaretti fu un sottile indagatore dei sentimenti e un critico acuto della società italiana del suo tempo. Fortemente legato a Matelica fu l’ingegner Enrico Mattei (1906-1962), a lungo presidente dell’ENI, figura chiave della prima Repubblica. Nato ad Acqualagna, la sua famiglia si trasferì nel 1919 a Matelica dove il giovane Mattei lavorò per dieci anni prima in una fabbrica di letti metallici e poi in una conceria. Come presidente dell’ENI cercò di svincolare l’Italia dal ricatto commerciale straniero in campo petrolifero e trovò la morte in un misterioso incidente aereo nei pressi di Milano. A Enrico Mattei, sepolto a Matelica, è dedicata la piazza principale della città.

Città d’arte e meta turistica, Matelica è oggi nota anche e soprattutto per la produzione del Verdicchio d.o.c., uno dei vini più pregiati delle Marche, le cui uve sono coltivate nei tanti vigneti che la circondano.

a cura di Pier Luigi Cavalieri

Informazioni aggiuntive

  • citta: MATELICA

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