Civitella del Tronto, cittadina di confine tra Marche e Abruzzo, col suo toponimo evoca il fiume e la vicina regione.
La località facente già parte dell’antico Piceno (che si estendeva dall’Esino al Sangro) e poi della Marchis Firmana, (che ne ricalcava i confini), sin dai primordi apparteneva alla diocesi di Fermo. Attualmente alcune sue frazioni sono sotto la giurisdizione della diocesi di San Benedetto ereditate dalla diocesi fermana. Sebbene graviti su Ascoli (cui sosggiacque per un certo tempo) e sulla vallata del Tronto si trova nel Teramano. Nell’Archivio Arcivescovile di Fermo si conservano atti e documenti degli anni attorno il 1400 e 1500 i registri delle visite pastorali del vescovo fermano fino al 1571. Ma Civitella del Tronto è nota per essere stata una delle più potenti e famose fortezze del Regno di Napoli.
Gli storici decantanto Gaeta e quasi tutti parlano di essa come dell’ultima fortezza del Regno Borbonico a resistere ai piemontesi. D’Annunzio ne “Il Fuoco” descrive l’assedio ed il coraggio della Regina Maria Sofia che, sugli spalti della fortezza, incitava i difensori a resistere agli assalti. Ma Gaeta non fu l’ultima fortezza borbonica a cadere.
Dopo il 14 febbraio 1861, data della resa, resistevano ancora le fortezze di Messina (si arrenderà il 13 marzo 1861) e la nostra Civitella che cade il 20 marzo 1861 e dopo tre giorni dalla proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861). Ciò era una spina al fianco dei Piemontesi.
Si proclamava un regno ma nel territorio di esso c’erano ancora sacche di resistenza e sventolavano bandiere borboniche. Occorreva espugnarla ad ogni costo. Vennero fatte affluire nuove truppe che si stanziarono in Ascoli. A Grottammare vennero sbarcati cannoni rigati.
L’assedio fu sempre più stretto, le bombe piovevano da tutte le parti su quei poveri difensori giunti allo stremo. Comandati dal maggiore Ascione e in ultimo dal sergente Messineo resistevano valorosamente. Non era questo il primo assedio, già nel 1225 fu espugnata dagli ascolani; subiva altro assedio nel 1557 ad opera del Duca di Guisa; nel 1798 furono i francesi; assediata ancora nel 1805 resisteva per ben 4 mesi.
Ma la resistenza più gloriosa e più famosa fu quella dal settembre 1860 al marzo 1861, ben 6 mesi contro preponderanti forze nemiche con artiglierie modernissime, contro pochi e vecchi e logori cannoni della fortezza. I piemontesi, presala, la smantellarono facendo saltare in aria mura e bastioni.
I fabbricati interni furono abbattuti; le macerie servirono per nuove costruzioni. Ciò provocò infiltrazioni e pericoli per l’abitato sottostante.
Nel 1973 iniziarono i restauri, ora portati a termine; hanno ridato alla gloriosa fortezza la sua importanza se non strategica (dati i tempi moderni) di potenza e di storia militare.
Civitella del Tronto… Questa (non Gaeta) fu l’ultima ad ammainare la bandiera borbonica, dopo sei mesi di duro assedio da parte di un intero esercito contro un manipolo di valorosi. Ben si addice al suo valore il detto: “Civitella civitas fortissima et fidelissima”.
Gabriele Nepi