Fermignano è un centro vallivo di 8700 abitanti che sorge lungo il fiume Metauro, a breve distanza da Urbino. Sembra ormai certo che abbia dato i natali a uno dei più grandi architetti del Rinascimento: Donato Bramante (1444-1514).

In una parte del territorio di Fermignano separata da quella principale si trova una delle meraviglie naturalistiche delle Marche: la suggestiva Gola del Furlo, scavata dalle acque del fiume Candigliano tra i monti Pietralata e Paganuccio.

Poco si sa sul popolamento del territorio di Fermignano in epoca romana, mentre una tradizione vuole che la famosa battaglia del Metauro (207 a.C.), con la quale i Romani sconfissero le truppe di Asdrubale, il condottiero cartaginese accorso in Italia a portare aiuto al fratello Annibale, abbia avuto luogo proprio qui, nella piana di S. Silvestro, a qualche chilometro dal centro abitato. Leggendaria è l’ubicazione della sepoltura di Asdrubale sulla collina di Montelce.

Nel 76 d.C., sotto Vespasiano, fu scavato un grande traforo presso la Gola del Furlo, che affiancò quello aperto precedentemente dagli Etruschi.

Fermignano viene citato nei documenti per la prima volta solo nei primi anni del Trecento come ambito territoriale della pieve di S. Giovanni Battista. Ma fu nella seconda metà del secolo (1388) che il conte Guido Antonio da Montefeltro fondò il vero e proprio castello di Fermignano, munito di una grossa torre, detta delle Milizie, presso il nuovo ponte costruito in sostituzione di quello di epoca romana.

Il castello, a partire dai primi del Quattrocento, gode di una certa autonomia, ma era soggetto a Urbino. In questi anni viene edificata anche la cartiera, sempre ad opera dei Montefeltro, nei pressi del ponte. Più tardi vi sorgerà anche il molino.

Il ponte sul Metauro fa di Fermignano, sin dall’antichità, un luogo di passaggio, così che già nel Medioevo vi sorgono ospedali per i pellegrini e locande. Di una di esse restano oggi due portali gotici di buona fattura.

Nel 1607 per volontà di Francesco Maria II della Rovere, ultimo duca di Urbino, Fermignano può istituire un Consiglio formato da 10 abitanti del castello e 14 dei distretti e delle ville che si riunisce nella sacrestia della chiesa di S. Veneranda presso il ponte, ma fa sempre parte del Comune di Urbino.

Una veduta di Fermignano (la prima che si conosca) del 1626, opera di Francesco Mingucci, mostra già il paese con i suoi edifici più significativi che oggi lo caratterizzano: il ponte, la torre, la cartiera, il molino e la chiesa di S. Veneranda con il suo campanile.

Dopo la fine del ducato di Urbino (1631), Fermignano entra a far parte dello Stato della Chiesa. L’economia del piccolo centro della Valle del Metauro continua ad essere legata all’agricoltura e all’importante cartiera, ora appartenente alla cappella del Ss. Sacramento di Urbino, Fermignano riesce a diventare Comune autonomo solo nel 1818, dopo ben 18 anni di aspra contesa con Urbino, con l’assenso di papa Pio VII.

Dopo l’Unità d’Italia il paese natale di Bramante, che conta circa 2500 abitanti, continua ad avere una sua importanza come centro di transito, di commerci e di produzione cartaria. Tuttavia la cartiera, acquistata dalla famiglia Albani di Pesaro, cessa la produzione nel 1895. Ad essa subentrano, come attività industriali, la filanda e alcune fornaci. Il molino è sempre in esercizio e anzi nel 1899 diventa il primo in Italia ad essere azionato dalla corrente elettrica. Nel 1916 apre la stazione locale sulla linea ferroviaria Fano-Urbino.

Una nuova trasformazione dell’economia locale si avrà nel 1914 quando gli edifici della cartiera e della filanda saranno utilizzati dall’imprenditore Carotti come lanificio e setificio. Anche negli anni del secondo dopoguerra Fermignano confermerà la sua vocazione manifatturiera, pur nei mutamenti richiesti dai tempi.

Donato Bramante

Sembra che il vero nome del cittadino più illustre di Fermignano sia stato Donato “Donnino” di Angelo di Pascuccio. “Bramante” è invece un soprannome. Il suo luogo preciso di nascita corrisponde oggi alla località Ca Melle, all’epoca noto come Monte Asdrualdo. Si formò a Urbino presso la corte dei Montefeltro, dove può aver conosciuto grandi architetti come Francesco di Giorgio Martini e Luciano Laurana e altrettanto grandi pittori come Piero della Francesca, Luca Signorelli e Melozzo da Forlì. Purtroppo non si conosce molto della vita del Bramante fino a che non si trasferisce a Bergamo nel 1477.

Fin quasi alla fine del secolo egli resta in Lombardia dove, oltre ad esercitare la pittura, si occupa della trasformazione della Basilica di S. Ambrogio e di S. Maria delle Grazie a Milano, del progetto del Duomo di Pavia e della Piazza Ducale di Vigevano, sempre al servizio del duca di Milano Ludovico il Moro.

Alla caduta di quest’ultimo (1499) Bramante si trasferisce a Roma dove svolge numerose commissioni per i papi Alessandro VI e Giulio II. Tra esse il chiostro di S. Maria della Pace e il celebre tempietto rotondo di S. Pietro in Montorio, sintesi ideale dell’architettura rinascimentale. Giulio II lo nomina “primo architetto” e ben presto gli affida l’incarico di progettare la nuova Basilica di S. Pietro, che egli disegna a pianta centrale e a croce greca, e di demolire la vecchia costruzione, suscitando le ire di quanti volevano fosse conservata. A lui si deve anche la sistemazione del Cortile del Belvedere in Vaticano e molti altri interventi sia architettonici che urbanistici nell’Urbe.

Dal 1507 al 1509 Bramante si occupa della Basilica della Santa Casa di Loreto, all’epoca già in buona parte edificata. Perciò il suo intervento riguarda soprattutto la progettazione della piazza e del Palazzo Apostolico. Inoltre egli progetta il rivestimento marmoreo della Santa Casa, che sarebbe stato realizzato, dopo la sua partenza, in gran parte dal Sansovino. Bramante morì a Roma nel 1514. È considerato uno dei più grandi e geniali architetti di tutti i tempi.

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