Diritto ed economia ad Ancona

da Benvenuto Stracca a Giorgio Fuà

Ancona, città di antiche tradizioni mercantili, nel corso dei secoli ha dato un notevole contributo allo studio dell’economia nelle sue varie articolazioni. Il primo italiano a definire nelle sue forme giuridiche un settore dell’economia, il commercio, è stato l’anconetano Benvenuto Stracca (1509-1578), il quale viene considerato il fondatore del diritto commerciale. Stracca apparteneva alla nobiltà cittadina e dopo aver compiuto studi giuridici all’Università di Bologna, esercitò l’avvocatura e ricoprì diverse cariche pubbliche ad Ancona. Nella sua opera fondamentale, dal titolo De Mercatura sive de Mercatore, egli separò per la prima volta il diritto commerciale da quello civile. In particolare Stracca affrontò la complessa problematica, vitale per una città come Ancona, delle leggi della navigazione e di quelle relative alle assicurazioni dei trasporti marittimi. Stampato per la prima volta a Venezia nel 1553 e diffuso anche oltre i confini d’Italia, il trattato De mercatura definisce con esattezza la figura del mercante e il suo campo d’azione, delimitato da norme, consuetudini e istituzioni che ne favoriscano il lavoro evitandogli il più possibile le conflittualità nei vari contesti in cui si trova a operare. A Benvenuto Stracca è collegato anche il tentativo di istituire una università ad Ancona nel XVI secolo. Fu lui infatti a richiedere a nome del Comune nel 1548 a papa Pio IV l’autorizzazione ad aprire nella città di S. Ciriaco uno Studium, in continuità con la scuola di diritto ivi esistente dal 1300. Egli stesso ne fu il primo priore. La nuova istituzione prosperò per circa un secolo, per entrare poi in una fase di declino, culminata con la chiusura nel 1739. In tempi recenti l’ateneo anconetano sarebbe stato riaperto, grazie al contributo determinante dell’economista Giorgio Fuà, solo nel 1969.

Giorgio Fuà

Giorgio Fuà (1919-2000) è considerato da molti uno dei più grandi economisti italiani del Novecento. I suoi anni di formazione non furono affatto facili, in quanto come ebreo, nel 1938, fu espulso dalla Scuola Normale di Pisa a causa delle leggi razziali. Senza scoraggiarsi il giovane Fuà si trasferì a Losanna, in Svizzera, dove conseguì il dottorato in Economia politica nel 1941. Nello stesso anno fu assunto da Adriano Olivetti, di cui sarebbe stato consigliere economico fino agli anni del dopoguerra. In questo periodo sposò in segreto con il rito ebraico Erika Rosenthal, che sarebbe stata la compagna di una vita. Passata la bufera del conflitto mondiale, nel 1947 Fuà incomincia a insegnare Statistica economica a Pisa. Tre anni più tardi si trova a lavorare alla Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra, insieme al grande economista Gunnar Myrdal, fino al 1954, quando diventa collaboratore di Enrico Mattei all’ENI, ente di cui fonda e dirige l’Ufficio Studi fino alla tragica scomparsa del presidente. All’ENI Fuà si circonda di giovani collaboratori destinati a luminose carriere, come Luigi Spaventa, Giorgio Ruffolo e Sabino Cassese. Dunque, in questi anni Fuà frequenta il meglio della cultura economica e imprenditoriale, inoltre svolge egli stesso una preziosa opera di formazione di giovani studiosi.

Nel 1960 diviene titolare della cattedra di Politica economica ad Ancona, dove l’anno precedente era stata istituita, anche con il suo contributo, la Facoltà di Economia e Commercio, sede distaccata dell’Università di Urbino. Fuà rientra così nella città di nascita, dove avrebbe trascorso tutto il resto della sua vita. La scelta di restare ad Ancona, senza ambire a sedi universitarie più prestigiose, consente a Fuà di operare in modo libero e innovativo nella scelta dei docenti della nuova facoltà e nella formazione di un gruppo locale di giovani ricercatori da avviare alla ricerca nel campo dell’Economia. In quest’opera è sostenuto dal rettore dell’Università di Urbino Carlo Bo, cui la facoltà di Ancona è ancora collegata negli anni Sessanta.

Le scelte di Fuà, in controtendenza rispetto all’immobilismo di altri atenei, culminano nella fondazione dell’ISTAO (Istituto Superiore di Studi Economici Adriano Olivetti), uno dei primi istituti di formazione postlaurea in Italia, avvenuta nel 1967. L’intitolazione della nuova istituzione mostra quanto l’economista anconetano si sentisse ancora ispirato dall’esempio di Olivetti, l’imprenditore leader che considerava propria missione quella di formare e far crescere un gruppo di persone rendendole partecipi delle realizzazioni dell’impresa. L’ISTAO avrebbe promosso la formazione di economisti con una preparazione ampia e flessibile, in evidente contrasto con la specializzazione spinta che prevaleva (e prevale ancor oggi) nella formazione e nella ricerca. Fuà voleva che i suoi allievi acquisissero una mentalità imprenditoriale, necessaria a tutti i livelli, sia delle imprese che delle istituzioni pubbliche. Il metodo seguito era quello del laboratorio artigianale, nel quale non si impara solo dai testi (spesso pensati per realtà diverse) e non si apprendono solo le tecniche, ma ci si occupa di problemi concreti utilizzando le testimonianze dirette degli imprenditori e degli operatori e collaborando attivamente alla soluzione di casi e alla redazione di progetti. Un modo molto marchigiano di pensare la realtà economica.

Le Marche attraversavano allora un periodo di rapida trasformazione economico-sociale (che si sarebbe protratto anche nel decennio successivo) secondo un modello di sviluppo non programmato, ma spontaneo, senza eccessive fratture sociali e storiche, e legato alla piccola e media imprenditoria diffusa sul territorio. Fuà seppe seguire da vicino e interpretare questa inaspettata crescita della regione. Insieme ad altri economisti egli coniò il concetto geo-economico di NEC (Nord-Est-Centro), riferito allo sviluppo parallelo di questa vasta area dell’Italia legata a fattori endogeni microimprenditoriali, “con risultati probabilmente migliori di quelli che si sarebbero potuti ottenere importando risorse e modelli dall’esterno”, come scrisse in un suo libro del 1983. In epoche in cui la figura dell’imprenditore era oggetto di critiche radicali (gli anni Sessanta-settanta) Fuà mantenne sempre la sua idea olivettiana che “senza imprenditori non c’è sviluppo”. Non mancarono a Giorgio Fuà importanti riconoscimenti: nel triennio 1983-1986 tenne la carica di presidente della Società italiana degli economisti. Dopo una vita dedicata agli studi e al lavoro per l’università, si spense ad Ancona il 13 settembre 2000.



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  • citta: ANCONA
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